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13 Ottobre 2017
Forse vale la pena, ancora una volta, rileggere le parole di Pier Paolo Pasolini di fronte al profilo di Sabaudia: “La sua architettura –diceva il poeta– non ha niente di irreale e di ridicolo: il passare degli anni ha fatto sì che questa architettura di carattere littorio assuma un carattere tra metafisico e realistico. […] Come ci spieghiamo un fatto simile che ha del miracoloso? […] Bisogna esaminare un po’ la cosa, cioè: Sabaudia è stata creata dal Regime, non c’è dubbio, però non ha niente di fascista in realtà, se non alcuni caratteri esteriori. […] Sicché Sabaudia, benché ordinata dal Regime secondo certi criteri di carattere razionalistico, estetizzante, accademico, non trova le sue radici nel regime che l’ha ordinata ma in quella realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente, ma che non è riuscito a scalfire”.
(Estratto da un articolo di Andrea Bentivegna dal titolo “L’architettura cosiddetta fascista sopravviverà anche al New Yorker”)
http://www.lavocedinewyork.com/arts/arte-e-design/2017/10/10/architettura-fascista-sopravvivera-anche-al-new-yorker/
 
 
 
10 Novembre, 2016
"Non è vero che la Storia va sempre avanti: l'individuo e la società possono regredire".
Pier Paolo Pasolini
 
 
 
20 Ottobre, 2016
Antonio Monestiroli
Estratto dal libro "La metopa e il triglifo", Ed. Laterza.
 
 
 
19 Ottobre, 2016
PIERO FORNASETTI
Piero Fornasetti (Milano, 10 novembre 1913 – Milano, ottobre 1988) è stato un pittore, scultore, decoratore d'interni, stampatore di libri d'arte, designer e creatore di oltre undicimila oggetti, di scenografie e di costumi, organizzatore d'esposizioni e iniziative a livello internazionale italiano.
 
..........meraviglioso, fantastico, ineguagliabile Fornasetti.
 
 
 
25 Novembre, 2010
Pasolini: Sabaudia e la civiltà dei consumi
Quanto abbiamo riso, noi intellettuali, sull’architettura del Regime, sulle città come Sabaudia!
Eppure, adesso, osservandola, proviamo una sensazione assolutamente inaspettata. La sua architettura non ha niente di irreale, di ridicolo: il passare degli anni ha fatto sì che questa architettura di carattere littorio assuma un carattere tra metafisico e realistico. 
1. Metafisico in un senso veramente europeo della parola, cioè ricorda – mettiamo – la pittura metafisica di De Chirico.
2. Realistico perché, anche viste da lontano, si sente che le città sono fatte – come si dice, un po’ retoricamente – a misura d’uomo: si sente che all’interno ci sono delle famiglie costituite in maniera regolare, delle persone umane, degli esseri viventi completi, interi, pieni nella loro umiltà.
Come ci spieghiamo un fatto simile che ha del miracoloso? Una città ridicola, fascista, improvvisamente ci sembra così incantevole. Bisogna esaminare un po’ la cosa, cioè: Sabaudia è stata creata dal Regime, non c’è dubbio, però non ha niente di fascista in realtà, se non alcuni caratteri esteriori. Allora io penso questo: che il fascismo, il regime fascista, non è stato altro – in conclusione – che un gruppo di criminali al potere e questo gruppo di criminali al potere non ha potuto in realtà fare niente, non è riuscito ad incidere, nemmeno a scalfire lontanamente la realtà dell’Italia. Sicché Sabaudia, benché ordinata dal Regime secondo certi criteri di carattere razionalistico, estetizzante, accademico, non trova le sue radici nel regime che l’ha ordinata ma trova le sue radici in quella realtà che il fascismo ha dominato tirannicamente, ma che non è riuscito a scalfire. Cioè: è la realtà dell’Italia provinciale, rustica, paleoindustriale che ha prodotto Sabaudia, non il fascismo.
Ora, invece, succede il contrario. Il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi – cioè il potere della realtà dei consumi –, invece, riesce a ottenere perfettamente, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto in modo storicamente molto differenziato. E allora questa acculturazione sta distruggendo, in realtà, l’Italia. E allora io posso dire senz’altro che il vero fascismo è proprio questo potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia. Questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che, in fondo, non ce ne siamo resi conto; è avvenuto tutto negli ultimi cinque, sei, sette, dieci anni; è stato una specie di incubo in cui abbiamo visto l’Italia intorno a noi distruggersi e sparire e adesso, risvegliandoci – forse – da quest’incubo, e guardandoci intorno ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.
Pier Paolo Pasolini

http://www.ipercritica.com/2010/05/pasolini-sabaudia-e-la-civilta-dei-consumi/
 
 
 
25 Novembre, 2010
ADOLF LOOS
“Parole nel vuoto” – Adelphi Edizioni
La mia prima casa
La mia prima casa! Proprio una casa! Perché non avrei  davvero mai immaginato che negli ultimi anni della mia vita avrei ancora potuto costruire una casa. Dopo tutte le esperienze fatte ero ormai convinto che nessuno sarebbe stato così pazzo da affidarmi l’incarico di costruire una casa. E che sarebbe stato quindi impossibile presentare i miei progetti all’approvazione di un qualsiasi ufficio di polizia per l’edilizia.
Perché avevo già un’esperienza del genere alle mie spalle. Mi era stato affidato il lusinghiero incarico di costruire a Montreux, sulle belle rive del lago di Ginevra, una casetta per guardiani. Sulle rive si trovano molte pietre e poiché gli antichi abitanti del luogo avevano costruito tutte le loro case con queste pietre, lo volevo fare anch’io. Innanzitutto perché è più economico, […], e poi perché il trasporto richiede minor fatica. [...]
Quanto al resto, non avevo pensato a null’altro di male. Chi potrebbe quindi descrivere il mio stupore quando fui invitato a presentarmi alla polizia e mi fu chiesto come io, uno straniero, osassi compiere un simile attentato contro la bellezza del lago di Ginevra. L’edificio era troppo semplice. Dove erano andati a finire gli ornamenti? La mia timida obiezione, che anche il lago, quando è calmo, è piatto e assolutamente privo di ornamenti, e tuttavia molte persone lo trovano davvero passabile, non giovò a nulla.
Ottenni un attestato dove si vietava la costruzione di un edificio del genere a causa della sua semplicità e quindi della sua bruttezza. Me ne tornai a casa felice e contento.
Felice e contento. Chi infatti di tutti gli architetti della terra si è visto dichiarare artista, nero su bianco, dalla polizia? Ognuno di noi si crede un artista. Ma non sempre lo pensano gli altri. Certi lo pensano di uno, certi di un altro. Ma nessuno lo pensa della maggior parte di noi. A me dovettero credere tutti, persino io dovetti crederci. Perché io ero vietato, vietato dalla polizia come Frank Wedekind o Arnol Schonberg. O meglio, come sarebbe vietato Arnold Schonberg se la polizia riuscisse a leggere i pensieri nelle teste delle sue note.
[…]
 
 
 
30 Ottobre, 2007
Avviso ai naviganti
Quello che oggi riempie le pagine delle riviste e sembra riscuotere ampio successo a livello planetario, vorrebbe passare per avanguardia, ma non lo è. Tutto il repertorio sbandierato dagli attuali “guru” dell’architettura che ammalia ed incanta con tutti i suoi “effetti speciali” è solo moda ed in gran parte masticata e rimasticata: futurismo italiano; costruttivismo sovietico; neoplasticismo olandese; espressionismo tedesco. E l’elenco degli ambiti saccheggiati potrebbe continuare.
La vera avanguardia oggi è qualcosa di molto lontano dall’immateriale, dal precario, dal caotico, dall’evanescente: forse è l’esatto opposto.
 
 
03 Marzo, 2007
Ripetere giova [2]
”... stai ancora guardando a bocca aperta Stonehenge?
... e le piramidi, e lo so che siamo ancora fermi lì. [...].
Kahn ha messo in chiaro il rapporto che lega la struttura e la luce, ha fatto in modo che potessimo riconoscere l’origine sulla quale hanno lavorato Wright, Mies e Corbu. L’ha resa visibile. Ci ha insegnato che non si può fare dal nulla e che l’opera di architettura è replica. I tre mostri ci avevano fatto credere che si potesse fare piazza pulita di quello che era stato prima. Kahn ci ha reso problematico il fatto che in fondo stiamo sempre facendo la stessa cosa”.
Credo che non sia stato scritto niente di più illuminante perlomeno negli ultimi venti anni. Si veda l’intera intervista per rendersene conto.
Intervista di Roberto Masiero a Livio Vacchini in “CASABELLA” n. 724 – Luglio/Agosto.
 
 
25 Ottobre, 2006
Benevolo su Gregotti
“Gregotti descrive così l’obiettivo generale dell’architettura del nostro tempo:
Io credo che l’errore presente in molti spazi architettonici sia di tentar d’imitare, con strumenti e modi del tutto impropri, [...] l’esperienza spaziale fornita dai mezzi di comunicazione di massa, tentando una mediatizzazione della nostra stessa disciplina, cioè avviando uno sradicamento dei suoi strumenti espressivi specifici e del suo universo tecnico-costruttivo.
Compito delle discipline dell’architettura dovrebbe invece essere [...] la capacità di configurare spazi la cui definizione, organicità, semplicità e capacità di durata si proponessero come indispensabile piano di riferimento per la stessa accelerata trasformazione del reale, per la continua mutazione dei suoi significati, per la molteplicità delle interpretazioni possibili: spazi in grado di testimoniare, in futuro, non il nostro stato ma le nostre migliori speranze”.
Da “L’architettura del nuovo millennio”, di Leonardo Benevolo.
 
 
01 Agosto, 2006
Del mestiere
Conviene cercare di far bene il nostro mestiere come semplicemente la gente ci chiede. Nel mio lavoro mi sono sempre attenuto al mestiere, al principio disciplinare di ogni arte o tecnica che infine ho capito essere la stessa cosa. Che poi non sia stato affascinato o deformato dai luoghi, dalle circostanze, dalle emozioni lo vorrei ma non lo posso dire.
Aldo Rossi
 
 
31 Luglio, 2006
De Chirico su Morandi

E per poter proseguire nel suo lavoro con purezza, di sera, nelle squallide aule di una scuola governativa, egli insegnava ai giovinetti le eterne leggi del disegno geometrico, base d’ogni grande bellezza e d’ogni profonda melanconia.
 
 
31 Marzo, 2006
Ripetere giova (?)
“Il realismo critico conduce una battaglia particolarmente difficile proprio contro l’ideologia della transitorietà, la pretesa di esprimere l’esigenza di flessibilità con la complicazione plastica delle forme, ben sapendo che niente è più rigido di una figura complicata, e niente è più illusorio che cercare di rappresentare la complessità del mondo deduttivamente, con la complessità delle geometrie”.
Vittorio Gregotti
 
 
21 Marzo, 2006
I cinque sensi dell'architettura

1 – Ilsenso della storia.
2 – Il senso del luogo.
3 – Il senso della funzione o dello scopo.
4 – Il senso della composizione (geometria e spazio).
5 – Il senso della tecnica (struttura, materiali, colore).
 
 
26 Agosto, 2005
Senza titolo
Università degli Studi di firenze - Facoltà di Architettura
LABORATORIO DI PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA IV
A.A. 2004/2005
Corso I Prof. Arch. Adolfo Natalini
Il corso si propone di insegnare a progettare una città misurata e dignitosa con architetture appropriate. L’obiettivo è quello di apprendere la lingua della città come antidoto alle diversità e ai personalismi.
Il linguaggio urbano dell’architettura dichiara un desiderio di stare insieme (civitas), non tanto la costruzione di una nuova lingua (“Novelty is but oblivion” - la novità non è altro che dimenticanza, scriveva John Donne) ma l’approfondimento della lingua parlata della città in cui lavoriamo. Senza sforzo o intenzionalità sarà una lingua diversa (perché ognuno di noi è diverso) ma sempre basata su - e riconducibile a - una lingua comune, una koinè urbana. I libri e le riviste ci mostrano un altro panorama (poiché solo la mostruosità e la novità fanno notizia). I nostri progetti aspireranno alla normalità senza cercar di fondar metodologie o definir ragionamenti.
 
 
28 Luglio, 2005
Con Umiltà
Credo sia arrivato il momento di ritrovare ciò che ci accomuna, negando, coscientemente, quel “pluralismo volgare” che ha caratterizzato e caratterizza in maniera nefasta la nostra epoca.
Sono convinto che solo la ricerca di un’idea comune possa ridare un volto umano alla città, oggi sempre più somigliante ad una disnayland in preda al delirio.
Noto sempre più spesso che supporre la somiglianza di un progetto ad un altro viene considerato alla stregua di un’offesa grave, un qualcosa da rifiutare in maniera categorica. Questo modo di pensare è quantomeno ingenuo (per non dire stupido), ma sopratutto fuorviante.
La strada per ritrovare un comune sentire, un linguaggio ampiamente condiviso, è ancora lunga, ma ritengo sia l’unica.
Gli esempi, benché, forse, embrionali ci sono. E’ solo questione di saperli vedere e lavorarci sopra: con umiltà.