Adalberto Libera
LIBERA, Adalberto. - Nacque a Villa Lagarina (Trento) il 16 ag. 1903 da Giuseppe e da Olimpia Sforza Pallavicino. Durante la prima guerra mondiale il L. si trasferì con la famiglia a Parma, città d'origine della madre, dove terminò il liceo e quindi frequentò la Scuola superiore di matematica. In Trentino, dove tornava periodicamente durante le vacanze estive, il L. incontrò G. Pollini e prese contatti "con il sapere e il fare dell'avanguardia" (G. Belli, Per ricordare L., in A. L. Opera completa, p. 13), il movimento che con F. Depero, L. Baldessari e lo stesso Pollini aveva fatto della Rovereto dei primi anni del secolo un centro culturale ricco di fermenti. Ancora a Parma, il L. seguì il corso di architettura presso la locale Accademia di belle arti; dopo il diploma, conseguito nel 1925, si trasferì a Roma, dove nel 1928 si laureò alla Scuola di architettura. Nell'Archivio Libera, nel 1996 donato dagli eredi al Musée national d'art moderne presso il Centre Pompidou di Parigi, si conserva un corpus di disegni, realizzati dal L. in questi anni, particolarmente interessante in quanto vi si possono ravvisare "antecedenti logici o appunti preliminari" delle realizzazioni successive (A. Muntoni, 1926-28: dalla Scuola di architettura di Roma alla Prima esposizione di architettura razionale, in A. L. Opera completa, p. 39). I disegni e le annotazioni, se da un lato evidenziano un indubbio interesse per l'architettura romana, dall'altro mettono in luce aspetti che sempre ricorreranno nella ricerca del L., quali lo studio dell'organismo a pianta centrale, la scala monumentale e le potenzialità del cemento armato attraverso il quale "ripensa" alcuni modelli di strutture antiche, come la cupola del Pantheon: "tenendo insieme queste tre componenti, […] Adalberto Libera scandaglia il repertorio architettonico della storia - e soprattutto della storia romana - e lo fa rinascere, completamente nuovo, attraverso un'indagine disincantata che scatena un'attività fantastica resa concreta per via strutturale" (ibid., p. 41). All'Università entrò in contatto con M. Ridolfi, con il quale preparò il concorso per il pensionato artistico e iniziò un rapporto di collaborazione, o meglio di "leale emulazione" (A. L. Opera completa, p. 246) che sarebbe proseguito per alcuni anni dopo il conseguimento della laurea, con risultati di elevata qualità: i progetti di concorso per l'ammobiliamento e l'arredamento economico della casa popolare (1928) e per la nuova palazzata di Messina (1930-31, con M. Fagiolo), gli studi per le case economiche a Tor di Quinto, presentati alla II Esposizione italiana di architettura razionale, sono tra i lavori più significativi. Nel 1927 a Stoccarda il L. partecipò all'esposizione del Werkbund con C.E. Rava e Pollini con il progetto di un "alberghetto di mezza montagna", che fu una sorta di consacrazione professionale: nell'autunno dello stesso anno entrò a far parte del Gruppo 7 e nel 1928, con G. Minnucci, si occupò dell'organizzazione della I Esposizione di architettura razionale. Nel marzo 1928 pubblicò Arte e razionalismo in Rassegna italiana, rivista che nei due anni precedenti aveva ospitato i contributi di vari componenti il Gruppo 7. Con questo articolo, il L. "inizia un dialogo a distanza con Marcello Piacentini, che gli risponde su Architettura e arti decorative, destinato ad avere esiti importanti anche se conflittuali di lì a poco" (G. Polin, L. e il Gruppo 7, ibid., p. 55). Fino a tutto il 1929 il L. lavorò soprattutto come grafico, dedicandosi alla progettazione architettonica in occasione di concorsi o di lavori autocommissionati, come i progetti di case economiche italiane presentati dal Gruppo 7 in occasione della I Esposizione di architettura razionale o il progetto del padiglione coloniale alla fiera di Milano (1927). Le prime opere realizzate del L. hanno carattere effimero: del 1930 è il padiglione per la Società cementi armati centrifugati (SCAC) alla fiera di Milano, il cui progetto era stato presentato alla I Esposizione di architettura razionale. La finalità reclamistica dell'oggetto architettonico, che riscosse un notevole successo anche a livello internazionale, fu raggiunta con l'immediatezza e l'efficacia di uno slogan: realizzata con pilastri SCAC e cinque piattaforme circolari pure in cemento, "l'intera torre è, insieme, dimostrazione delle possibilità d'impiego del prodotto e una sorta di enorme plastico esplicativo del pilastro stesso" (Garofalo - Veresani, p. 31). Ancora nel 1930 il L. curò l'allestimento degli interni della "casa elettrica" alla IV Triennale di Monza, interessante frutto della collaborazione di alcuni architetti del Gruppo 7: L. Figini e Pollini firmarono il progetto architettonico, il L., P. Bottoni e G. Frette l'arredamento degli ambienti. A Monza il L. incontrò G. Terragni e G. Pagano; con quest'ultimo curò gli aspetti organizzativi inerenti alla fondazione del Movimento italiano per l'architettura razionale (MIAR), istituito nel 1930, del quale divenne membro del consiglio direttivo con Pagano, Pollini e Minnucci. L'organizzazione della II Esposizione di architettura razionale, tenutasi nel 1931, vide analogamente l'apporto del L., il quale però espresse delle riserve sul clamoroso attacco sferrato agli accademici attraverso la celebre Tavola degli orrori, approntata da P.M. Bardi. Le prime realizzazioni architettoniche non provvisorie del L. risalgono a quegli stessi anni: l'intervento sulla casa Nicoletti a Roma (1931-32), consistente nella sistemazione di un fabbricato ottocentesco adiacente alla piccola chiesa di S. Basilio sulla via omonima, e l'edificio delle scuole elementari in piazza Raffaello Sanzio a Trento (1931-34), situato all'interno della città storica a breve distanza dal castello del Buonconsiglio, del quale il L. sembra voler richiamare l'andamento delle mura nella sequenza volumetrica del blocco di aule e corpi di scala del fronte principale. Nel 1932 il L. fu incaricato della realizzazione della facciata e del sacrario dei martiri nell'ambito dell'allestimento della Mostra del decennale della rivoluzione fascista, voluta dal presidente dell'Istituto fascista di cultura di Milano, D. Alfieri: dopo le polemiche seguite alle vicende del MIAR, "questa scelta inaugura la liaison del regime con l'architettura razionalista, di cui sono segnali tangibili gli esiti dei concorsi per la stazione di Firenze e per il Piano Regolatore di Sabaudia" (A. L. Opera completa, p. 53). La mostra celebrativa della marcia su Roma, senza dubbio la più grande tra quelle allestite fino ad allora dal regime, si tenne nell'ottocentesco palazzo delle Esposizioni di via Nazionale. L'architettura di P. Piacentini veniva celata, nel progetto del L. e di M. De Renzi, da un cubo rosso che inviluppava anche lo scalone d'ingresso centrale, sullo sfondo del quale si stagliavano, nel fronte principale, quattro fasci littori a tutta altezza, rivestiti di lamiera metallica, collegati inferiormente da un portale sul quale campeggiava a grandi lettere il titolo della mostra. L'interno ospitava in senso assiale il salone d'onore, la galleria dei fasci, la sala Mussolini e, da ultimo, il sacrario dei martiri, ideato dal L. con A. Valente, nel quale la ripetizione della scritta luminosa sulla parete delimitante lo spazio circolare conferiva effetti di grande suggestione. Ancora nel 1932 si classificò terzo - ex aequo con Ridolfi - nel concorso indetto dalla Società immobiliare Tirrena per la realizzazione di un insediamento di "villini signorili" sul lungomare C. Duilio al Lido di Ostia. Il L. ne realizzò quattro, due dei quali a pianta rettangolare con balconi circolari che si innestano agli angoli del fronte principale; gli altri, caratterizzati da profili smussati e terrazzi quadrangolari sui lati minori, in un "precario equilibrio tra edificio e macchina navale" (ibid., p. 62) che si ritroverà in diverse altre opere del periodo, non ultima la contemporanea casa del balilla a Porto Civitanova Marche (1932-35). Nel 1933 realizzò, ancora con De Renzi e Valente, il padiglione italiano all'Esposizione mondiale di Chicago; nel medesimo anno prese parte al concorso indetto dal ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni per la realizzazione di quattro palazzi postali a Roma. Il progetto del L. e di De Renzi si aggiudicò il primo premio per l'Aventino. L'area su cui sarebbe sorto l'edificio, sulla via Marmorata, è a breve distanza da porta S. Paolo e dalla piramide Cestia; la differenza di quota rispetto al piano stradale viene sfruttata per isolare l'edificio alla stregua di un moderno monumento. La pianta risulta suddivisa in due zone distinte. Il salone del pubblico, interamente vetrato sul fronte esterno e inglobato entro il volume a "C" dove sono collocati gli uffici, è movimentato dalla linea morbida del banco, che si raccorda attraverso due volute agli ambienti laterali. La medesima linea smussata caratterizza il lucernario sovrastante, sorretto da pilastrini metallici. Al volume svuotato del salone va a contrapporsi la gravità delle masse murarie del blocco degli uffici, "bucato" sul fronte principale da una serie di aperture quadrate e, sugli avancorpi, da finestre col caratteristico motivo a diagonali incrociate che il L. aveva adottato anche precedentemente in più di un'occasione. A raccordare i due volumi il grande portico, che con l'originario rivestimento in pietra scura costituiva un forte contrasto cromatico col marmo bianco retrostante. Sul fronte verso viale Aventino, la grande vetrata a doppia altezza che dà luce alla sala per lo smistamento della corrispondenza è schermata da una sorta di griglia costituita da piccole bucature anch'esse quadrate, motivo che richiama esplicitamente i colombari romani. Ancora con De Renzi realizzò, nel 1935, il padiglione dell'Esposizione internazionale di Bruxelles, quindi la Mostra delle colonie estive e dell'assistenza all'infanzia al circo Massimo (1937, con G. Guerrini). Numerosi in questo decennio i progetti di concorso: un edificio per scuole elementari a Bolzano (1933); il palazzo del Littorio (il primo grado negli anni 1933-34, quindi il secondo nel 1937, con De Renzi e G. Vaccaro) e l'Auditorium (1935), entrambi a Roma; il piano regolatore di Aprilia. Risalgono ai medesimi anni gli studi per il litorale di Castelfusano (1933-34) e per la sistemazione del mausoleo di Augusto (1934-38). Nel 1937 l'Ente autonomo costituito per l'esposizione universale prevista del 1942 a Roma (E42) bandì un concorso nazionale per la realizzazione del palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi, da collocarsi all'estremità di un asse viario normale alla via Imperiale (l'attuale via C. Colombo) che avrebbe avuto per fondale, al termine opposto, il palazzo della Civiltà italiana. La commissione invitò gli autori dei sette progetti selezionati, tra i quali il L., a una seconda tornata che lo avrebbe visto vincitore (1938). Dal basamento rettangolare emerge il volume cubico della sala dei ricevimenti con la copertura a crociera a struttura metallica, cui si contrappone, nel prospetto principale, la trasparenza del grande pronao. Il progetto definitivo prevedeva l'apposizione, in facciata, di un gruppo scultoreo di F. Messina, mai eseguito. L'edificio ebbe, del resto, una realizzazione alquanto travagliata: interrotti nel 1944, i lavori furono ultimati negli anni Cinquanta. Sempre nell'ambito dell'E42, il L. elaborò (con C. Cirella, G. Covre, V. Di Bernardino) il progetto per il grande arco simbolico, un "arcobaleno" che si sarebbe dovuto collocare all'ingresso della mostra: la sua costruzione, resa ben presto difficoltosa per problemi strutturali, fu abbandonata a causa del conflitto mondiale, seguendo le sorti della stessa Esposizione. Senza esito il concorso per palazzo dell'Acqua e della Luce, ancora nell'area dell'Esposizione, cui il L. aveva preso parte nel 1939. Contemporanea agli impegni dell'E42 è la villa di C. Malaparte a Capri (1938-40). Le fasi di realizzazione furono caratterizzate da numerosi cambiamenti e da un rapporto forse non facile con il committente: saldamente radicata allo scoglio di Punta Massullo, "il mistero della casa è nel suo apparire come oggetto compiuto, organicamente chiuso nelle relazioni tra le parti e allo stesso tempo direttamente poggiato sul profilo aguzzo della roccia, entro un sistema di relazioni con gli elementi del paesaggio" (Garofalo - Veresani, p. 114). Tra il 1940 e il 1942, anni nei quali si verificò una stasi dell'attività edilizia a causa della guerra, il L. intraprese una serie di studi tipologici sulla residenza che avrebbero preso forma nei progetti di un quartiere dell'Istituto nazionale per le case degli impiegati dello Stato (INCIS) sulla via Imperiale (1940, con De Renzi, E. Montuori, Vaccaro), di alcune ville nella zona residenziale dell'E42 (1940-42, tra le quali è la casa studio per se stesso) e dell'edificio in via Messina, realizzato tra il 1940 e il 1941. Negli stessi anni prese parte ad alcuni concorsi internazionali: una stazione ferroviaria di transito a Sofia (con Montuori), edifici direzionali a Bratislava, il mausoleo di K. Atatürk ad Ankara. Il progetto per l'allestimento della I Mostra della razza (1942) è considerato l'ultimo lavoro del periodo prebellico, quale "punto estremo del sistema di valori destinato ad essere distrutto" (Garofalo - Veresani, p. 134). Nel 1942 G. Ponti presentò, nella rivista Stile, un bilancio dell'attività ormai più che decennale del L.: "egli intende presentare gli esempi della buona architettura, con il fine di promuovere una sincera edilizia, dando a quest'ultima il senso di diffusa coscienza dei valori dell'architettura italiana: sincera edilizia significa, per Ponti, vera architettura" (G. Ciucci, Lo stile di A. L., in A. L. Opera completa, p. 62). Nel 1943 il L. si trasferì a Villa Lagarina, dove rimase ancora dopo la fine della guerra, in una sorta di ritiro durante il quale raccolse studi e annotazioni, per un'opera dal titolo Tecnica distributiva e funzionale dell'alloggio, pubblicati solo in parte dopo la guerra (in Strutture, 1947-48, n. 3-4, pp. 22-48; cfr. Melis, pp. 182, 256). Tra il 1944 e il 1946 intrattenne rapporti con Ponti, con il quale lavorò alla pubblicazione Scale pronte Montecatini, curata insieme con G. Ponti e Vaccaro (Milano 1943). Ancora con Ponti e Vaccaro redasse la "carta della casa", che avrebbe trovato forma definitiva nel fascicolo Verso la casa esatta (Milano 1945). Tra la fine del 1946 e l'inizio del 1947 il L. fece ritorno a Roma. Nella seconda metà degli anni Quaranta partecipò ai concorsi per la sede della Banca d'Italia a Napoli (1946, con L. Calini e Montuori), per il teatro Filarmonico a Verona (1947-48, con M. Kininger) e per il nuovo Politecnico di Torino (1949). Nel 1948 divenne accademico di S. Luca e l'anno successivo fu chiamato a dirigere l'ufficio progetti dell'INA-Casa. Ancora nel 1949 realizzò un edificio residenziale dell'Istituto nazionale delle assicurazioni (INA) a Trento; il viaggio in Marocco intrapreso nel 1951 gli fornì forse più di uno spunto per l'ideazione dell'unità di abitazione orizzontale al quartiere Tuscolano di Roma, un "recinto" con alloggi a patio e negozi e un edificio a ballatoio. Negli anni Cinquanta il L. si orientò verso la sperimentazione in campo tecnologico e strutturale e, al tempo stesso, verso l'urbanistica e la scala del quartiere. Tra il 1952 e il 1956 il L. si occupò della sistemazione della sala del cinema romano Airone in via Lidia, per la quale studiò una forma ovoidale coperta da un paraboloide sorretto da archi metallici. Nel 1954 vinse il concorso per la sede della Regione Trentino - Alto Adige a Trento, della quale la struttura portante in cemento armato costituisce il principale elemento di connotazione. Nel medesimo anno divenne professore straordinario di composizione architettonica presso l'Università di Firenze. Dai primi anni Cinquanta il L. ridusse l'attività per l'INA-Casa divenendone consulente esterno e ciò gli consentì di riprendere l'attività professionale autonoma. Nel 1956 fu invitato a partecipare al concorso per la sede della Democrazia cristiana a Roma EUR, vinto in secondo grado da S. Muratori; tra il 1956 e il 1958, ancora con Calini e Montuori, realizzò un palazzo per uffici in via Torino. Negli anni immediatamente precedenti l'approvazione del piano regolatore generale di Roma del 1962, il L., membro della commissione consultiva, ottenne numerosi incarichi per la progettazione di insediamenti a carattere residenziale, come il quartiere di Grottaperfetta (1957-60, con V. Monaco e A. Luccichenti) e il villaggio Olimpico, realizzato dall'INCIS tra il 1957 e il 1960 e successivamente destinato a residenza per 1500 impiegati statali. Ancora per l'INCIS realizzò, con V. Cafiero, I. Guidi e L. Moretti, un quartiere estensivo per 7500 abitanti a Decima, costituito da una serie di edifici su pilotis dall'andamento caratteristicamente sinuoso. Non vedrà attuazione, invece, il progetto per un insediamento di edilizia economica lungo la via Nomentana per conto dell'Istituto romano dei beni stabili. Nel 1962 lasciò l'ateneo fiorentino per trasferirsi a Roma, dove, consapevole della fase critica attraversata dalla facoltà, "prepara con cura l'organizzazione del corso e nella scelta degli assistenti apre pluralisticamente alle posizioni più avanzate della giovane generazione" (Garofalo - Veresani, p. 198). Il L. morì a Roma il 17 marzo 1963 nel pieno della sua attività. Dall'unione con la pittrice di origine cagliaritana, Stefania Boscaro, sposata nel maggio 1940, nacquero Alessandro e Paola, entrambi architetti. La critica è concorde nel ravvisare numerosi elementi di continuità nella produzione architettonica del L. precedente e successiva alla caduta del regime: finalità precipua e costante della ricerca del L. appare l'attuazione di un'idea di architettura basata sulla "struttura-forma", "cioè un particolare modo di affrontare la composizione […] in cui qualità tettonico-costruttiva e qualità formale si identificano e costituiscono la regola stessa dell'organizzazione spaziale" (V. Quilici, L. e Ridolfi. Un confronto come pretesto, in A. L. Opera completa, p. 83). Raffaella Catini Fonti e Bibl.: Parigi, Musée national d'art moderne, Archivio Libera (dove si conservano schizzi, progetti, tempere e manoscritti del L. dagli anni Venti agli anni Sessanta); F. Garofalo - L. Veresani, A. L., Bologna 1989; Mario Sandonà,A. L.: due fronti del moderno, 1903-1934, a cura di G. Marzari - S. Giordani - A. Turella, Villa Lagarina 2000; M. Rebecchini, Architetti italiani 1930-1990: G. Michelucci, A. L., M. Ridolfi, I. Gardella, G. De Carlo, C. Aymonino, A. Rossi, Roma 2000, passim; L. Rivalta, A. L., M. De Renzi: il palazzo delle Poste all'Aventino, Roma, Firenze 2000; M.L. Neri, in Dizionario dell'architettura del XX secolo, a cura di C. Olmo, IV, Torino-London 2000-01, pp. 85-88; A. L. Opera completa, Milano 2001 (con ulteriore bibl.); La Biblioteca comunale "S. Zavatti" di Civitanova Marche e l'edificio di A. L., a cura di G. Bascioni Brattini, Civitanova Marche 2001; La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l'Italia degli anni '50, a cura di P. Di Biagi, Roma 2001, passim; R. Albiero, A. L.:palazzo della Regione Trentino - Alto Adige, Milano 2002; C. Camponogara, L. prima e dopo, in L'Architettura, XLVIII (2002), pp. 304 s.; L. Capannini, A. L. et la question de la méditerraneité dans l'habitat collectif, Paris 2002; G. Marzari - A. Turella, La stanza di A. L., Villa Lagarina 2002; A. L. nel dopoguerra, a cura di A. Fassio, Cagliari 2003; P. Melis, A. L. 1903-1963. I luoghi e le date di una vita. Tracce per una biografia, Villa Lagarina 2003; Il moderno attraverso Roma: guida alle architetture romane di A. L., a cura di G. Remiddi - A. Greco, Roma 2003; M. Mulazzani, A. L. 1903-1963…, in Casabella, 2003, n. 716, pp. 4-13; S. Polano, A. L. pittore letterista, ibid., pp. 18-23; EUR S.p.A. e il patrimonio di E42. Manuale d'uso per edifici e opere, a cura di C. Bertilaccio - F. Innamorati, Roma 2004; A. L. nei disegni del Centre Pompidou e dell'Archivio centrale dello Stato (catal.), a cura di A. Fassio - M. Giannetto - M. Guccione, Roma 2004; A. L. nelle carte dell'Archivio centrale dello Stato. Catalogo della mostra ed edizione critica dei documenti, a cura di M. Giannetto, Roma 2004; R. Martinelli, A. L., architetto, in Terzoocchio, XXX (2004), 111, pp. 12-14. |
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